Contributo dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino sul Piano Socio Sanitario 2025-2030

Posizione approvata dal Consiglio Direttivo nella seduta del 16 settembre 2025

Una valutazione propositiva delle intenzioni e delle previsioni che vengono formulate nei vari capitoli del Piano è resa difficile da diversi fattori, di cui i principali sono qui elencati.

  1. Nel documento di Piano sono citati quasi tutti gli ambiti delle attività socio sanitarie, ma nessuna delle aree è esplorata in maniera sufficientemente  approfondita con indicazione  per ciascuna di esse degli obiettivi da raggiungere, con specificazione delle azioni, delle risorse necessarie, degli strumenti. Non vi è un cronoprogramma né un apparato di valutazione. Questi sono elementi essenziali dell’impianto di un Piano.
  2. Il secondo aspetto che manca è un capitolo dedicato ai dati epidemiologici, anche i più semplici, inerenti alla popolazione del Piemonte, quali: prevalenza delle diverse patologie, cause di morte per età, loro andamento negli anni, differenze tra ASL, utilizzo dei servizi. Tutti dati che permetterebbero di individuare le priorità di intervento, anche articolate per tipologia (prevenzione piuttosto che diagnosi e cura) e per territorio. In questo modo sarebbe possibile comprendere i criteri in base ai quali, per esempio, sono state inserite nel capitolo “potenziare le reti clinico-assistenziali e tempo dipendenti” (l’unico dove vengono citate patologie) tre particolari patologie: fibromialgia, fibrosi cistica ed endometriosi e non altre.
  3. Non è definita concretamente la strategia con cui si intende affrontare la carenza di personale; d’altra parte è assente nel piano una ragionata descrizione dell’attuale distribuzione del personale tra ASL/ASO e professioni, confrontata con i fabbisogni presenti e previsti nei cinque anni di vigenza del Piano.
  4. Per quanto riguarda la prevenzione non è affrontato il tema ambientale (se non rimandando al documento del Piano Regionale di Prevenzione), focalizzando tutta l’attenzione su vaccinazioni, screening, corretti stili di vita.
  5. Un altro tema completamente assente è quello del contrasto alle disuguaglianze di salute, in particolare per quanto riguarda l’accesso ai servizi, nonostante il numero elevato di persone che rinunciano alle cure per difficoltà economiche. Gli unici due punti in qualche modo riferiti a questo ambito sono l’intenzione, di fronte alla grave situazione della salute in carcere , di “potenziare l’assistenza penitenziaria con il supporto delle nuove tecnologie” e l’ipotesi di possibili teorici interventi per alcune frange delle persone immigrate e senza dimora.
  6. Il Piano non sfiora neppure tematiche certamente più complesse, come quelle inerenti al fine vita.

Rispetto alle due più importanti “novità” dell’assistenza sanitaria nazionale e regionale, cioè le Case della comunità e la costruzione di 11 nuovi ospedali, non vi sono indicazioni concrete sugli aspetti funzionali.

  1. In particolare per quanto riguarda l’assistenza territoriale, non sono definiti i ruoli che dovranno svolgere le diverse figure professionali all’interno della casa della comunità, la relazione funzionale tra questa, le altre strutture territoriali (AFT, studi di MMG, PLS e sedi di distretto), i servizi sociali e l’assistenza domiciliare. Neppure vi sono indicazioni per orientare  l’organizzazione degli ospedali di comunità, il loro ruolo di cerniera tra assistenza sul territorio e assistenza in ospedale (stabilizzazione dei pazienti scompensati a domicilio e deospedalizzazione precoce).
  2. Nel Piano manca una descrizione dei rapporti di rete tra i nuovi ospedali e tra di essi e quelli esistenti. A Torino e Provincia si costruiranno 4 nuovi ospedali di scala differente (hub, Hub e spoke, spoke). E’ importante conoscere non solo il totale dei posti letto ma anche la dotazione delle singole specialità e le interdipendenze tra le diverse strutture ospedaliere con i flussi di ricovero prevedibili dalle diverse aree di residenza.

Bene le audizioni, per ascoltare dagli operatori eventuali suggerimenti su ambiti specifici, ma quello che serve è una riscrittura del Piano, tenendo conto dei principi, delle modalità e degli strumenti che regolano l’impianto della programmazione sanitaria. Sicuramente in Piemonte, nelle aziende sanitarie, nei servizi di epidemiologia, nei dipartimenti universitari ci sono le competenze necessarie.

La richiesta accorata che l’Ordine dei Medici di Torino fa è che il Consiglio Regionale decida di prendersi il tempo che serve (4-5 mesi) e si faccia aiutare da  chi ne ha la capacità a riscrivere un documento che possa definirsi veramente un piano socio-sanitario e non una visione.