La risposta all’interrogativo è particolarmente complessa in quanto la specializzazione in chirurgia maxillo-facciale appartiene all’area medica, ma fornisce al medico chirurgo una formazione teorica, scientifica e professionale per lo svolgimento dell’attività assistenziale nel campo della chirurgia maxillo-facciale e stomatologica che riguarda anche l’apparato masticatorio e gli stessi denti, la cui cura è però riservata alla professione odontoiatrica.
L’art. 2 della L. 409/85 attribuisce infatti alla professione odontoiatrica «le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche».
Essendo gli impianti endossei dispositivi per l’inserimento di una protesi, essi si iscrivono nell’attività di riabilitazione odontoiatrica che la legge riserva al dentista.
Recependo due direttive comunitarie (78/686/687/CEE), la legge istitutiva della professione di odontoiatra ha infatti operato una netta separazione tra la figura professionale dell’odontoiatra e quella del medico chirurgo, a prescindere che il percorso formativo specialistico di quest’ultimo possa avere un contenuto comune con quello dell’odontoiatra.
La giurisprudenza ha poi escluso che i percorsi formativi dello specialista in maxillo-facciale e quello dell’odontoiatra siano fungibili, tant’è che ha escluso che il diploma di specializzazione in chirurgia maxillo-facciale sia titolo idoneo a consentire l’iscrizione all’albo degli odontoiatri (Cass. 2.3.2005 n. 4466; Cass. pen. 09.11.2017 n. 2691) che la legge ha riservato ad esaurimento ai laureati del vecchio ordinamento (meglio noti come doppi iscritti).
Siccome l’implantologia dentale è una metodica di riabilitazione odontoiatrica, il Ministero della Salute – all’uopo interpellato – con parere del 14.3.2008 n. 7625 ha ritenuto preclusa ai laureati in medicina e chirurgia, specialisti in chirurgia maxillo-facciale, l’applicazione di impianti endossei con finalità odontoprotesiche.
Questo parere ha suscitato svariate critiche, articolate su sottili distinguo tra implantologia dentale (di sicura pertinenza odontoiatrica) ed implantologia endossea, che hanno portato il Ministro della Salute a ritornare sulla materia con il parere 19.1.2009 n. 4121. In esso, dopo avere confermato la riserva di attività introdotta dalla legge 409/85, ha valorizzato l’integrazione tra le due professioni ritenendo che “dall’apporto delle diverse competenze e conoscenze non possono che derivare vantaggi per la salute del cittadino, fine ultimo dell’attività di tutti i professionisti della salute” ed ha concluso con unpronunciamento di compromesso, riconoscendo che “il chirurgo maxillo-facciale possa eseguire impianti a scopo odontoprotesico solo su indicazione e conseguente progettazione dell’intero piano di trattamento da parte dell’odontoiatra”.
Su questo approdo si è assestato il confine della competenza implantare dello specialista in chirurgia maxillo-facciale.
