L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Torino segnala la situazione di sofferenza e di abbandono in cui si trovano i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta nell’attuale emergenza sanitaria.
Medici di medicina generale e pediatri stanno infatti continuando a visitare i pazienti nel proprio studio, a contatto stretto, ma senza i dispositivi di protezione individuale necessari: per proteggersi, infatti, hanno a disposizione soltanto le mascherine fornite in modo non uniforme dalle Asl più di 10 giorni fa (in media una filtrante e 2-3 chirurgiche), il cui funzionamento è garantito per 8 ore al massimo. Non sono dotati di nessun altro di dispositivo di protezione, che sono introvabili e non acquistabili direttamente.
Un paradosso: il Dpcm emanato ieri, 8 marzo, raccomanda di limitare gli spostamenti ai casi strettamente necessari ma, per ritirare ricette e certificati di malattia, le persone sono obbligate a recarsi nello studio del proprio medico, uno dei luoghi in cui maggiormente c’è il rischio di diffusione del contagio e che in media ospita da 50 a 80 pazienti al giorno.
Chiediamo quindi alla Regione Piemonte e all’Unità di Crisi di autorizzare, per tutta la durata dell’emergenza, alcune deroghe straordinarie, in particolare alle norme stabilite dal Garante della privacy e dall’Inps, con l’obiettivo di ridurre l’afflusso delle persone negli studi:
– consentire l’invio online delle ricette ai pazienti o ai loro delegati;
– permettere di compilare con il solo dato anamnestico telefonico le certificazioni di malattia ai pazienti affetti da malattie delle vie respiratorie e di assenza dal lavoro per malattia del bambino;
– raccomandare a tutti i medici di ricevere i pazienti su appuntamento;
– consentire ai medici e ai pediatri di effettuare le riunioni di èquipe in videoconferenza.
Chiediamo con forza, inoltre, di fornire ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e ai medici di continuità assistenziale i dispositivi di protezione individuale necessari.
Queste richieste hanno l’obiettivo di proteggere non soltanto i medici ma l’intero sistema sanitario: qualora infatti aumentasse ulteriormente il numero dei medici del territorio in quarantena, e con l’attuale difficoltà a reperire sostituti, l’intera medicina territoriale resterebbe sguarnita, provocando un massiccio afflusso della popolazione nei pronto soccorso ospedalieri.