COMUNICATO STAMPA – Liste d’attesa: colpa dell’intramoenia?

In relazione alle recenti notizie riportate dai giornali riguardanti le indagini del N.A.S. su presunti illeciti nello svolgimento dell’attività libero professionale intramoenia (ALPI) di alcuni medici della Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri esprime preoccupazione per le ipotesi di comportamenti contro la legge.

Questi casi vanno certamente chiariti dalla Magistratura ordinaria, così come farà l’Ordine, nel caso si confermassero e vi fossero profili di rilevanza disciplinare.

Tuttavia, ciò non deve assolutamente gettare discredito su chi invece lavora   con scrupolo e correttezza, né tanto meno le notizie di indagini devono essere l’occasione per giornalisti con posizioni preconcette, di criticare così aspramente l’esercizio dell’attività intramoenia.

È opportuno ricordare che l’ALPI è permessa e regolata da una specifica legge, che consente ai medici dipendenti di visitare privatamente i pazienti dopo avere esaurito il proprio debito orario, quindi nel loro tempo libero.

Riteniamo che accusare i medici che svolgono attività intramoenia di allungare le liste d’attesa sia scorretto, infondato e inutile. Il ricorso alla libera professione intramoenia non è la causa dell’allungamento delle liste d’attesa, ma semmai ne è l’effetto.

Le liste d’attesa, che nei casi più gravi portano alla rinuncia alle cure o all’indebitamento per curarsi, sono conseguenza della carenza di personale specialistico e dell’insufficiente investimento nella medicina ospedaliera e territoriale.

 La difesa della sanità pubblica e del diritto alla cura, oggettivamente messi a rischio dalle lunghe liste d’attesa, passa attraverso un adeguato finanziamento, la tutela della professionalità e della dignità del medico e non attraverso l’attacco ideologico all’ALPI.

“Come Ordine – dichiara il Presidente dell’Ordine Dott. Guido Giustetto – chiediamo che, nel caso vengano individuati medici che hanno violato le norme della libera professione, ci vengano segnalati. Nel contempo, evidenziamo che i giornalisti, quando delegittimano in modo generico il lavoro dei medici, si assumono la responsabilità di minare la fiducia nel servizio sanitario, negli operatori della salute e nelle cure proposte. Le conseguenze di questo comportamento possono arrivare a generare degli atteggiamenti di ostilità, che sempre più frequentemente sfociano in aggressioni al personale sanitario”.

 

 28 gennaio 2025

Il comunicato in pdf