“Il paziente affetto da patologia oncologica in trattamento farmacologico versa in una condizione di sopravvivenza indubbiamente condizionata all’assunzione del farmaco. Se tale assunzione ha cadenza periodica e la relativa somministrazione impedisce la possibilità di svolgere attività lavorativa allora può ritenersi appropriata la qualificazione “salva vita” attribuibile alla terapia. Il quesito posto può quindi trovare positiva risposta.”

Sono un medico di famiglia. Ho un paziente affetto da “Emangioendotelioma Epitelioide” e che è in trattamento domiciliare con Sirolimus 6 mg die (fornito dal Centro Oncologico che lo segue). Il paziente mi richiede con continuità importante un certificato inps di astensione dal lavoro per malattia e richiede inoltre che si apponga sul medesimo certificato la biffatura “terapia salvavita” sostenendo che, assumendo giornalmente il Sirolimus, tale beneficio siagiustificato proprio dal fatto che esegue una terapia salvavita giornaliera (il Sirolimus appunto). Nel mio passato professionale, ho biffato la casella “terapia salvavita” solo per i giorni di chemioterapia (ospedaliera o domiciliare che fosse) e quindi le mie domande sono le seguenti:- Posso applicare la condizione “terapia salvavita” anche a pazienti oncologici che fanno chemioterapie croniche domiciliari e,quindi, applicandola sempre anche se il paziente fa mesi o anni di terapia?- Può il Sirolimus essere considerato come una chemioterapia domiciliare cronica? (Con i benefici di avere sempre astensionelavorativa con “terapia salvavita”)?Aggiungo che la Medicina Legale della mia ASL ha certificato che il paziente può beneficiare di terapia salvavita, trattandosi però diuna certificazione generica di persona avente diritto. Essendo io il responsabile ultimo della certificazione di astensione lavorativa, mi sento in dovere di chiedere ulteriori chiarimenti in merito ai quesiti sopra citati.