UN PARERE SALOMONICO: OVVERO COME NON SBILANCIARSI

prevenzione

di Mario Nejrotti
È di questi giorni la pubblicazione e successiva diffusione (vedi) del parere della Sezione Sicurezza Alimentare CNSA (Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare) richiesto a suo tempo del ministro Beatrice Lorenzin nell’autunno del 2015.
(vedi).
Avevamo discusso da queste pagine poco tempo fa, in piena tempesta mediatica, sull’annuncio improvvido per certi versi e generico per altri dello IARC Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (vedi) della cancerogenicità di carni rosse, processate e insaccati.
Avevamo anche detto di quanto male potevano fare notizie non complete e estrapolate a scopo giornalistico per ottenere una risonanza che poi si alimenta fatalmente da sola.
Avevamo anche citato come esempio di equilibrio comunicativo l’analisi di Dors (vedi) delle conclusioni, se pur preliminari dello IARC.
L’Assocarni per bocca del presidente Francois Tomei commenta ora entusiasticamente il parere del CNSA: “Bene il Ministro Lorenzin che non si è fatto ‘tirare per la giacchetta’ da allarmismi”. Tomei ricorda che l’allarme ha danneggiato una filiera integrata e di qualità :”La carne italiana è, e resta, simbolo di una tradizione di qualità”.
Pur comprendendo a pieno l’entusiasmo espresso vedendo il problema dal punto di vista degli interessi di una “filiera” importantissima per l’economia nazionale, occorre dire che gli esperti del CNSA hanno espresso un giudizio equilibrato, ponderato, ma in linea con il “comune buon senso medico”, che non dà risposte definitive sul problema.
Con ogni probabilità è molto difficile dare giudizi più precisi. Le abitudini alimentari e le patologie ad esse eventualmente collegate sono un campo minato con poche certezze e molti dubbi. Un generico richiamo ad una vita sana e alla moderazione alimentare, soprattutto per quanto riguarda le proteine animali e in particolare quelle delle carni, specie se cotte ad alte temperature o grigliate o processate, è sempre giusto, ma purtroppo assolutamente insufficiente.
Citiamo testualmente il documento. Il CNSA ritiene: “Che il tumore al colon-retto, come tutte le neoplasie, sia il risultato di più fattori e sia innescato dall’interazione tra ambiente, stile di vita e genetica; che, in questo quadro generale, risultino particolarmente rilevanti: eccesso ponderale, sedentarietà,scarso consumo di fibre, l’eccesso di calorie nella dieta,lo stile di vita nel suo complesso, compreso quello alimentare. Che sia necessario esaminare la monografia nel dettaglio nel momento in cui sarà pubblicata.”
E quindi termina, dopo aver esortato ad un consumo moderato di carni rosse o processate e a una dieta varia di tipo mediterraneo: “In conclusione, una sana alimentazione associata a uno stile di vita attivo rappresenta uno strumento valido per la prevenzione, la gestione e il trattamento di molte malattie. Un regime dietetico adeguato ed equilibrato non solo garantisce un apporto ottimale di nutrienti, in grado di soddisfare i fabbisogni dell’organismo, ma permette anche di ricevere sostanze che svolgono un ruolo preventivo e/o protettivo nei confronti di determinate condizioni patologiche”.
In definitiva un parere di buon senso, che può essere largamente condiviso dai medici che si occupano di prevenzione e di stili i vita corretti. Questa vicenda, però, suggerisce due riflessioni. La prima è che la medicina per consigliare o sconsigliare un comportamento alla popolazione deve poggiare il più possibile sulle “evidenze”, perché, specie nella scelta degli stili di vita, giocano criteri culturali e sociali che non debbono essere influenzati da convinzioni personali o da atteggiamenti moralistici. La seconda è che chi è interessato direttamente nelle scelte alimentari della popolazione, perché coinvolto nella filiera produttiva o distributiva, non può usare a proprio vantaggio affermazioni proprie della medicina, che per altro deve essere molto attenta prima di contribuire a danneggiare o favorire questo o quel settore.