Impugnazione del provvedimento

IMPUGNAZIONE DEL PROVVEDIMENTO

Ricorso alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (CCEPS)

Contro le decisioni delle Commissioni disciplinari degli Ordini e contro quelle delle Commissioni disciplinari della Federazione è ammesso ricorso alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (CCEPS), organo di giurisdizione speciale con sede presso il Ministero della Salute.

N.B. Per quanto riguarda la composizione della Commissione Centrale, la sentenza della Corte Costituzionale del 9 luglio 2014, n. 193 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, commi 1 e 2, del D.Lgs.C.P.S. 233/1946 (che disciplina la composizione della CCEPS) nella parte in cui non prevede la nomina di membri supplenti della Commissione centrale per l’esame degli affari concernenti le professioni sanitarie, che consentano la costituzione, per numero e categoria, di un collegio giudicante diversamente composto rispetto a quello che abbia pronunciato una decisione annullata con rinvio della Corte di Cassazione. Per tale motivo, all’originaria composizione della CCEPS vanno aggiunti altri due membri supplenti, passando così da tre a cinque.

Poiché la rappresentanza legale dell’Ordine spetta solo al suo Presidente, l’impugnazione deve essere avanzata nei confronti dell’Ordine, come tale, “in persona del Presidente pro tempore” (v. CCEPS, dec. n. 90/2000) e non delle Commissioni Albo Medici e Albo Odontoiatri.

Il ricorso va presentato entro 30 giorni dalla notifica o dalla comunicazione del provvedimento (artt. 5 e 15 D.Lgs.C.P.S. 233/46 e art. 53 D.P.R. 221/50).

Si ricorda che il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1 agosto al 15 settembre di ciascun anno e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Il periodo di sospensione feriale non deve, quindi, essere tenuto in considerazione nel conteggio dei termini previsti.

Il ricorso può essere proposto dall’interessato, dal Procuratore della Repubblica e dal Ministro della Salute.

Se proposto dall’interessato, il ricorso va notificato all’Ordine, al Procuratore della Repubblica ed al Ministero della Salute.

Qualora, invece, sia uno di questi ultimi a proporre il ricorso stesso, l’atto va notificato al sanitario interessato, all’Ordine e all’altra Autorità (art. 54 D.P.R. 221/50).

N.B. Non è ammesso il ricorso da parte di colui che ha presentato l’esposto o la denuncia da cui è scaturito il procedimento disciplinare, in quanto l’esponente non è parte del procedimento stesso (v. sent. Cassazione 4 gennaio 2012, n. 79).

Il ricorso deve contenere

– l’indicazione del cognome e del nome, della residenza o domicilio del ricorrente (per le Autorità è sufficiente l’indicazione dell’Ufficio ricoperto)

– gli estremi del provvedimento che si impugna

– l’esposizione sommaria dei fatti e dei motivi su cui si fonda

– la sottoscrizione del ricorrente.

Il ricorso è nullo quando manchi la sottoscrizione o se vi sia assoluta incertezza sulla persona del ricorrente e sull’oggetto del ricorso. In caso di mancata indicazione del recapito del ricorrente, la segreteria della Commissione non procede ad alcuna comunicazione inerente allo svolgimento del ricorso (art. 55 D.P.R. 221/50).

Il ricorrente può farsi assistere, dinanzi alla Commissione Centrale, da un legale di fiducia.

La decisione della CCEPS è adottata a maggioranza. In caso di parità, prevale il voto del Presidente, che vota per ultimo dopo aver raccolto i voti dei componenti (art. 65 D.P.R. 221/50).

Quando non risolva questioni pregiudiziali di giurisdizione o di competenza, la decisione può essere

– di rigetto, in tal caso la sanzione inflitta diventa esecutiva, anche se il sanitario propone ricorso in Cassazione

– di accoglimento parziale del ricorso, in tal caso la Commissione Centrale sostituisce la sanzione inflitta in precedenza con una propria

– di accoglimento totale del ricorso per motivi di merito, in tal caso l’Ordine provinciale può soltanto adire la Corte di Cassazione

– di accoglimento totale del ricorso per motivi formali, in tal caso l’Ordine deve riassumere il procedimento dall’ultimo atto annullato o, in caso di nullità, iniziare un nuovo procedimento disciplinare sugli stessi fatti.

La pubblicazione della decisione si realizza mediante il deposito dell’originale alla segreteria che, nei successivi 30 giorni, la notifica all’interessato, al Procuratore della Repubblica e al Ministro della Salute e ne dà comunicazione all’Ordine ed alla rispettiva Federazione (artt. 67 e 68 D.P.R. 221/50).

 

Ricorso alla Corte di Cassazione

Le disposizioni dettate in materia di ricorso, contro le decisioni della CCEPS, alla Corte di Cassazione, previste dall’art. 19 del D.Lgs.C.P.S. 233/46 e dall’art. 68 del D.P.R. 221/50 sono state profondamente innovate a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione, della normativa e della giurisprudenza formatasi nel tempo.

Tali innovazioni riguardano:

  1. i motivi per i quali è ammesso il ricorso
  2. i soggetti legittimati a proporlo
  3. il termine entro il quale va proposto.

Per quanto concerne i motivi, mentre originariamente era ammesso solo il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, la successiva giurisprudenza, in ottemperanza all’art. 111, comma 7, della Costituzione secondo il quale: “Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge”, ha dichiarato, quindi, l’ammissibilità del ricorso alle Sezioni semplici della Corte di Cassazione anche per violazione di legge.

Quanto ai soggetti, l’art. 68, comma 2, del D.P.R. 221/50 stabiliva che potevano ricorrere alla Corte di Cassazione avverso la decisione della CCEPS soltanto l’interessato, il Prefetto (ora Ministro della Salute) ed il Procuratore della Repubblica.

Successivamente, la giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione ha chiarito che anche l’Ordine che abbia emesso il provvedimento, impugnato davanti alla CCEPS, possa presentare ricorso contro la decisione della Commissione Centrale stessa.

Per quanto riguarda, infine, il termine per presentare ricorso che, inizialmente, era di 30 giorni decorrenti dalla notifica della decisione della Commissione Centrale (art. 68, comma 2, D.P.R. 221/50), lo stesso è stato successivamente elevato a 60 giorni dalla Corte di Cassazione, in omaggio ai principi generali che fissano il termine per ricorrere alla Corte stessa in 60 giorni (art. 325, ultimo comma, c.p.c.) e che prevedono che una norma regolamentare, quale è il D.P.R. 221/50, non può modificare una norma di legge.

La procedura prevista per il ricorso alla Corte di Cassazione è quella attuale, stabilita nel codice di procedura civile.

Il ricorso per Cassazione, a differenza del ricorso alla CCEPS, non produce effetto sospensivo della esecutività del provvedimento disciplinare (art. 68, D.P.R. 221/50).

Tale effetto sospensivo si riproduce soltanto quando la Corte accoglie il ricorso con rinvio della causa all’esame della CCEPS, dinanzi alla quale la causa stessa deve essere riassunta a cura dell’interessato, entro il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte.

A seguito di detto rinvio si riproduce l’effetto sospensivo del provvedimento disciplinare che, però, viene a terminare qualora trascorra invano il predetto termine di un anno concernente la riassunzione della causa

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