Il concetto di danno: cenni medico-legali

Il concetto di danno, che equivale ad una riduzione qualitativa e/o quantitativa di un bene, rappresenta da sempre uno dei capitoli più interessanti della disciplina medico-legale in quanto la sua valutazione non si sostanzia nella sola quantificazione numerica della menomazione, ma prevede tutta una serie di analisi e di considerazioni che partono dalla sussistenza dell’elemento psicologico dell’illecito, la verifica della causalità materiale, fino alla “valutazione del danno” in senso stretto.

Tutto quanto affermato riveste ancor maggior significato in ambito odontoiatrico nella fase prettamente “valutativa” per la complessa fisiopatologia dell’apparato stomatognatico, per i molteplici aspetti valutativi da considerare (funzionale, fonatorio, estetico) da cui deriva la necessità di una stretta collaborazione tra odontoiatra e medico-legale.

Il primo passaggio per una corretta valutazione del danno è l’accertamento dell’illecito che richiede uno studio dettagliato dell’elemento psicologico e della causalità materiale.

L’elemento psicologico dell’illecito, contenuto nell’art 43 C.P., fa riferimento al “comportamento colposo” in quanto quello doloso non è in discussione perché riconducibile alla piena volontà dell’agente.

Il concetto di “colpa” si distingue in:

  • colpa generica,che si concretizza per “imprudenza, imperizia e negligenza
  • colpa specifica che integra comportamenti che violano “leggi, regolamenti, ordini e discipline”.

Nello specifico della responsabilità professionale il comportamento del sanitario sarà esente da colpa solo nel caso in cui si tratti di colpa lieve e solo con riferimento all’imperizia nella fase esecutiva delle linee guida adeguate al caso in esame.

Da ciò deriva che nell’ambito della colpa generica, il comportamento negligente o imprudente sarà sempre sanzionato, indipendentemente dal grado della colpa.

Una volta accertata la sussistenza dell’illecito e definito l’elemento psicologico che lo sottende, l’iter è caratterizzato dalla verifica in tema di causalità materiale, basata sull’accertamento del nesso causale secondo il criterio cronologico, topografico, di adeguatezza lesiva qualitativa e quantitativa, modale, di esclusione di altre cause, etc.

Proprio il criterio relativo all’esclusione di altra cause rappresenta in ambito odontoiatrico un punto nodale dell’accertamento causale di lesioni che si sono concretizzate in un passato più o meno recente.

È evidente che, se il quadro anatomo-clinico riscontrato rappresenta un bias (pregiudizi cognitivi) di confondimento perché è trascorso troppo tempo tra il supposto trauma e l’accertamento, dovrà venire in soccorso un’accurata analisi della documentazione disponibile.

Una volta accertati l’elemento psicologico dell’evento antigiuridico e la correttezza del nesso di causalità materiale, si potrà procedere alla valutazione del danno vero e proprio.

Il nostro ordinamento prevede due diverse tipologie di danno:

  • danno non patrimoniale (art 2059 C.C.)
  • danno patrimoniale (art 185 C.P.).

 

Il danno non patrimoniale può essere a sua volta

  • danno biologico, correlato alla menomazione anatomo-funzionale
  • danno dinamico relazionale, rappresentato dalle ripercussioni che la menomazione biologica comporta sul modus vivendi del soggetto
  • danno da sofferenza intrinseca collegato alla tipologia della lesione, al suo decorso etc.

È proprio la valutazione del “danno biologico” (riduzione dell’integrità psico-fisica), nella sua componente temporanea e permanente, che rappresenta nella sostanza il fulcro della valutazione del danno.

Il danno patrimoniale, previsto dall’art. 185 C.P., si può invece suddividere in due sotto categorie:

  • lucro cessante
  • danno emergente

 

Il lucro cessante rappresenta il mancato guadagno del danneggiato conseguente alla lesione/menomazione che ha avuto conseguenze sulla capacità lavorativa, anche definito danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa.

IL lucro cessante può essere temporaneo o permanente, a seconda della durata dell’incidenza della menomazione sulla capacità lavorativa specifica del soggetto.

Il danno emergente invece è la conseguenza del danno economico che il leso ha dovuto sostenere, per le spese relative a medicinali, trattamenti sanitari, ecc, da dimostrare mediante la relativa documentazione (fatture e scontrini).

 

Un ultimo cenno al cosiddetto “danno morale”, di natura non patrimoniale, che ha subìto negli ultimi anni una ridefinizione giurisprudenziale.

Infatti la recente giurisprudenza della Cassazione n° 7513/2018 ha sancito l’autonomia di questa voce di danno rispetto al danno biologico, identificando il danno morale con la sofferenza interiore, come ad esempio il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione.

Per concludere, la definizione del danno patrimoniale e non patrimoniale rappresenta l’ultimo passaggio del complesso iter della valutazione del danno.

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